Perché io sono colei che è prima e ultima
Io sono colei che è venerata e disprezzata,
Io sono colei che è prostituta e santa,
Io sono sposa e vergine,
Io sono madre e figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono donna sposata e nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono colei che consola dei dolori del parto.
Io sono sposa e sposo,
E il mio uomo nutrì la mia fertilità,
Io sono Madre di mio padre,
Io sono sorella di mio marito,
Ed egli è il figlio che ho respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono colei che da Scandalo e colei che Santifica.
Inno a Iside
Rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto;
risalente al III-IV secolo a.C.
I Simboli del Femminile
Tutti i simboli collegati alla Grande Madre o che si riallacciano alle proprietà del "materno" sono di fatto contraddistinti da una forte ambivalenza, una duplice natura, positiva e negativa, quella della "madre amorosa" e della "madre terribile". Secondo Jung l'archetipo della Grande Madre è:
«La magica autorità del femminile, la saggezza e l'elevatezza spirituale che trascende i limiti dell'intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l'istinto o l'impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l'abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l'ineluttabile».
Dall'uomo primitivo, Homo sapiens, e per moltissimo tempo; dal 30.000 a.C. fino ad almeno al 3.000 a.C., l'umanità ha fatto ricorso alla "Dea Unica", ed è solo dal 3.000 a.C. ad oggi che si è sostituita nell'immaginario collettivo la figura del Dio maschio, che ha comunque assorbito in sè qualità del tutto femminili, come quella della creazione e del dare la vita, mentre la Dea è stata relegata al ruolo di madre o sposa o sorella del Dio, o come avviene per la religione cattolica, di Madre vergine.
Il Vaso
Maria Gimbutas, archeologa lituana, analizza approfonditamente nel suo famoso libro Il linguaggio della Dea i culti preistorici (mesolitici e neolitici) collegati alla terra e fondati su divinità femminili preindoeuropee lunari e terrestri. La Gimbutas sostiene che in Europa e in Asia Minore (antica Anatolia) tra il 7.000 e il 3.000 a.C. sarebbe esistita una società caratterizzata dall'uguaglianza tra i due sessi, le donne avrebbero ricoperto in questa società un ruolo dominante come sacerdotesse o capi clan, la vita sarebbe stata governata da una Grande Dea simbolo di nascita, morte e rinnovamento. Questa società sarebbe stata poi soppiantata da una cultura diversa, i cosiddetti Kurgan che si sarebbe imposta tra il 4.300 e il 2.800 a.C., trasformando l'antica cultura detta protoindoeuropea in una cultura patriarcale.
Negli scavi archeologici operati in insediamenti del paleolitico superiore euroasiatico, sono stati rintracciati in effetti una serie di elementi che richiamano il concetto di divinità femminile, costituiti principalmente da piccole statuette e numerosi vasi. Queste elaborazioni concettuali e iconografiche, sono state realizzate da uomini primitivi per poter esprimere nella loro religiosità, il concetto del divino.
Il vaso è in effetti ciò che meglio rappresenta la funzione del femminile, che è quella di contenere e mantenere la vita (acqua), di proteggere e nutrire, (cibo) vaso che comunque inevitabilmente cela e racchiude al suo interno qualcosa di invisibile e quindi misterioso.
Anche secondo Neumann, i miti, i riti, le religioni dell'umanità primitiva, basavano i loro principi su una chiara formula simbolica : donna = corpo = vaso = mondo, da cui nasce la superiorità che per molto tempo ha accompagnato la figura femminile, generando una serie di pratiche religiose volte all'adorazione della Dea Unica, Grande Madre.
L'uomo, il principio maschile, sembra essere completamente escluso dal simbolismo primitivo, probabilmente in quanto il meccanismo della fecondazione non era conosciuto, e sempre secondo Neumann, è su questo che si fonda il concetto di vergine legato alla Grande Madre:
«La concezione basilare matriarcale non pone il rapporto sessuale in relazione con la nascita del bambino. La continuità della vita personale sessuale viene interrotta in modo imprevisto dall'inizio e dalla fine delle mestruazioni, così come dalla gravidanza. Entrambi i fenomeni si svolgono nell'intimo della sfera matriarcale-femminile… Per tale ragione la donna è messa incinta sempre da una potenza extraumana, non personale».
La simbologia collegata al femminile viene dettagliatamente descritta anche da Jung:
«L'archetipo della Grande Madre possiede una quantità pressoché infinita di aspetti. Citerò solo alcune delle sue forme più tipiche: la madre e la nonna personali, la matrigna e la suocera, qualsiasi donna con cui esiste un rapporto (la nutrice o la bambinaia, l'antenata e la Donna Bianca). In un senso più elevato, figurato: la dea, in particolare la madre di Dio, la vergine (come madre ringiovanita, per esempio Demetra e Core), Sophia (come madre-amante, eventualmente anche del tipo Cibele-Attis, o come figlia/madre ringiovanita-amante); la meta dell'anelito di redenzione (paradiso, regno di Dio, Gerusalemme celeste). In senso più lato: la Chiesa, l'università, la città, la patria, il cielo, la terra, il bosco, il mare e l'acqua stagnante, la materia, il mondo sotterraneo e la luna. In senso più stretto: i luoghi di nascita o di procreazione - il campo, il giardino, la roccia, la grotta, l'albero, la fonte, il pozzo profondo, il fonte battesimale, il fiore come ricettacolo (rosa e loto) ; il cerchio magico… In senso ancora più stretto: l'utero, ogni forma cava, il forno, la pentola; diversi animali: la mucca, la lepre e ogni animale soccorrevole in genere».
Il Serpente Cosmico, l'Uroboros
dal greco "ουροβóρος" ossia “mangiare la coda”, l' Uroboro Primordiale è uno dei simboli più antichi e rappresenta un serpente che si morde la coda. Divorandosi e nello stesso tempo rigenerandosi continuamente forma un ciclo continuo di nascita, morte e rinascita.
E' uno dei più noti simboli di quella perduta unità con il tutto che è il ricordo dell'utero materno, è l'archetipo primordiale e ci conduce inevitabilmente alla prefigurazione della Grande Madre. Ci riporta alla primaria condizione umana dell'essere avvolto, nutrito e contenuto, cinto e stretto, protetto e imprigionato nell'utero materno, in un ambiente fluido e indistinto, buio e caldo, immerso nell'oblio, nella totale inconsapevolezza, nell' indifferenziazione. Il serpente e l'albero sono i simboli più antichi che si ritrovano in tutte le tradizioni dei popoli della terra. Il serpente rappresenta la terra, la dimensione materiale, l'istinto di sopravvivenza, l'albero è la sublimazione delle pulsioni, la tensione verso il cielo, verso la mente, verso lo spirito. Il Serpente Marino Nidhoggr che nella Mitologia Nordica divora le radici dell'Albero Cosmico è lo stesso serpente che si avvolge attorno all'Albero della Vita nel Paradiso Terrestre della Bibbia, tentando Adamo ed Eva con il frutto proibito.
Il Sangue e il Latte
Lo sviluppo psico-biologico del femminile, comprende poi un simbolismo molto complesso, quello del sangue: poichè attraverso il sangue della mestruazione la fanciulla diventa donna e sempre attraverso il sangue partorisce, il sangue diventa simbolo della vita e della generazione. E poiché il latte stesso che nutre il bambino è prodotto dalla donna, essa è depositaria della misteriosa capacità di trasformare il sangue in nutrimento.
In molte sepolture primitive il corpo o le ossa vengono ricomposti in posizione fetale e cosparsi di ocra rossa, quasi a ricongiungere l'anello della ciclicità vita-morte.
La Grande Madre primitiva, divinità strettamente legata al lavoro della terra e alla ciclicità del tempo, sarà sostituita nel tempo da figure maschili che rappresentano il successivo mutamento della struttura socio-economica primitiva. Dall’età dei metalli in poi si sviluppa una economia più dinamica e articolata, aumentano gli scambi tra le varie popolazioni, emergono nuove esigenze di difesa in cui la forza maschile diventa sempre più determinante per la protezione del gruppo sociale.
Il materiale pubblicato su queste pagine è tratto dal libro "Runemal, il Grande Libro delle Rune"